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MALATTIA DI PARKINSON

MALATTIA DI PARKINSON: l'esperto risponde - TESTO DEL PROF. MASSIMILIANO NOSEDA

 

MALATTIA DI PARKINSON

 

Testo realizzato per la rivista DIAGNOSI E TERAPIA n 2 del giugno 2022 sul tema "MALATTIA DI PARKINSON" dal Prof Massimiliano Noseda, docente universitario, medico specialista in medicina fisica e riabilitazione, specialista in igiene e medicina preventiva, consulente di reparti di neurologia, centri disabili diurni e strutture riabilitative.

 

Si precisa che il seguente testo ha una finalità puramante divulgativa e non è sostitutivo di una visita specialistica, unica procedura in grado di confermare la diagnosi e di valutare il trattamento riabilitativo più adatto al caso specifico. 

 

CURE E RIABILITAZIONE NEL PAZIENTE CON MALATTIA DI PARKINSON

 

La patologia prende il nome dal medico inglese James Parkinson che nel 1819 scrisse un lodevole e dettagliato trattato a riguardo ed è oggi considerata, dopo la malattia di Alzheimer, la seconda malattia neurodegenerativa più frequente nella popolazione anziana. La sua prevalenza aumenta con l’età e si stima essere di circa l’1% a 60 anni e il 4% a 80 anni. Una diagnosi precoce e un corretto follow up risultano essere quindi fondamentali per offrire al soggetto con malattia di Parkinson la miglior qualità di vita possibile.

 

Come di manifesta?

La malattia conclamata si presenta con una triade tipica: rigidità extrapiramidale, tremore a riposo e bradicinesia, ovvero lentezza di movimento e tendenza all’immobilità. Questo quadro clinico è responsabile di un volto amimico, poco espressivo e con sguardo fisso, di un eloquio lento, monotono e privo di modulazioni espressive, di una scrittura piccola e difficilmente leggibile, di una postura con capo e tronco flesso e di un cammino a piccoli passi radenti senza movimenti pendolari degli arti superiori. Possono essere inoltre anche presenti salivazione eccessiva, parestesie a riposo e insonnia. L’intelligenza è invece a lungo normale e solo nei quadri avanzati si può osservare un certo grado di deterioramento cognitivo.

 

Qual è la causa?

I soggetti affetti hanno in comune la degenerazione primaria del locus ceruleus, un gruppo di neuroni del sistema nervoso centrale in grado di produrre un neurotrasmettitore chiamato dopamina, la cui mancanza causa il problema motorio precedentemente descritto. Molto spesso non siamo in grado di risalire a una causa scatenante certa. Si parla quindi di Parkinson primario. In altri casi invece la malattia è conseguente a una patologia vascolare dell’encefalo, a traumi o all’esposizione a sostanze tossiche come l’ossido di carbonio o farmaci neurolettici sovradosati. Si parla allora di Parkinson secondario.

 

La terapia farmacologica è efficace ?

Parzialmente. La levodopa o i dopaminoagonisti possono solo controllare la sintomatologia motoria nelle ore successive alla loro somministrazione ma non risolvere la patologia che purtroppo lentamente tende a progredire a livello del sistema nervoso centrale. Il loro dosaggio deve pertanto essere opportunamente programmato dell’arco delle 24 ore e rivisto nel tempo. Spesso la terapia prevede l’associazione di tali farmaci con inibitori delle decarbossilasi periferiche, che ne prolungano l’effetto, o di anticolinergici.

 

Cosa fare in caso di malattia di Parkinson?

Una visita specialistica neurologica presso centro qualificato sarà in grado di confermare la diagnosi e offrire il miglior trattamento farmacologico, monitorandolo nel tempo, mentre una visita specialistica fisiatrica sarà in grado di rilevare e definire i bisogni infermieristici e riabilitativi del soggetto al fine di attivare l’assistenza necessaria presso ambulatori locali o, nei casi più compromessi, anche al domicilio del paziente.

 

Quali sono i principali obiettivi del trattamento riabilitativo ?

Variano a seconda della gravità del quadro clinico e delle problematiche rilevate nel caso specifico. Nei casi più lievi l’intervento del fisioterapista sarà volto a migliorare le capacità motorie generali e a prevenire sia la paura di muoversi sia le possibili conseguenze dell’inattività. Fondamentale sarà quindi insegnare al paziente alcuni esercizi da effettuare anche in autonomia più volte al giorno e coinvolgere continuamente il soggetto in attività sociali come fare l’orto, andare a prendere il giornale, fare la spesa o passeggiare in compagnia. Nei casi di gravità intermedia il programma riabilitativo sarà volto invece a mantenere o recuperare la massima autonomia possibile nelle attività della vita quotidiana come vestirsi, lavarsi, camminare, fare le scale e andare al WC al fine di evitare o ridurre al minimo la dipendenza da terzi. Deve però essere anche valutata la necessità di eventuali ausili o la predisposizione di modifiche ambientali necessarie, come l’applicazione di corrimano alle scale o di apposite maniglie d’appoggio in bagno, al fine di muoversi al domicilio nella massima sicurezza. Infine, nei casi più gravi, oltre al mantenimento delle funzioni vitali, deve essere garantita una continua assistenza igienica del paziente e la prevenzione delle piaghe da decubito che può prevedere appositi ausili da utilizzare da seduto o da sdraiato, l’applicazione locale di appositi prodotti e l’educazione dei famigliari a frequenti cambi di postura e alla corretta mobilizzazione domiciliare.