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ANCA A SCATTO L'ESPERTO

ANCA A SCATTO: l'esperto risponde - INTERVISTA AL PROF. MASSIMILIANO NOSEDA

ANCA A SCATTO: a chi rivolgersi per inquadrare e gestire il problema ?

 

Intervista realizzata per la rivista PROFILO SALUTE n 6 2018 sul tema "anca a scatto" al Prof Massimiliano Noseda, docente universitario, medico specialista in medicina fisica e riabilitazione, specialista in igiene e medicina preventiva, e consulente di centri medici, strutture riabilitative, palestre e centri sportivi.

A cosa è dovuta questa problematica? Quando è opportuno rivolgersi al medico? Come trattarla? Vediamolo insieme.

 

Cosa è l’anca a scatto ?

Si tratta di una sensazione tattile, a volte percepita solo dal soggetto interessato, o anche uditiva, recepita anche dai soggetti a lui vicino, che si verifica tipicamente durante il cammino, il passaggio dalla postura seduta a quella eretta e/o durante i movimenti di rotazione dell’anca.

 

Chi sono i soggetti a maggior rischio ?

Si osserva principalmente in soggetti giovani e nella terza decade di vita, riguarda prevalentemente il genere femminile e tipicamente atleti praticanti alcune discipline che stressano particolarmente l’articolazione dell’anca come il ballo o la ginnastica.

 

A che cosa è dovuto lo scatto ?

Raramente è imputabile alla presenza di un corpo estraneo che si frappone tra la testa del femore e l’acetabolo mentre più frequentemente è dovuto al passaggio disarmonico di una struttura tendinea sulle strutture ossee sottostanti. La prima forma, detta anche intrarticolare, può essere associata a borsite dell’ileopsoas per frizione dello stesso sull’eminenza ileo-pettinea mentre la seconda, denominata extrarticolare, può determinare una borsite trocanterica secondaria per attrito della fascia lata sul grande trocantere. Il quadro può essere totalmente asintomatico oppure associato a fastidio o dolore, riferiti tipicamente a livello inguinale nelle forme intrarticolari ed esternamente, ovvero al fianco, in quelle extrarticolari. La presenza di fastidio e/o dolore, soprattutto se ricorrente durante l’attività lavorativa o sportiva, con limitazione più o meno importante delle stesse, è meritevole di approfondimento medico.

 

A chi è bene rivolgersi per inquadrare il problema ?

Il medico specialista in medicina fisica e riabilitazione, detto anche fisiatra, è di norma lo specialista da interpellare inizialmente. Dopo aver valutato la presenza di eventuali traumi precedenti e patologie locali note, il sanitario indaga le attività che determinano lo scatto, insieme alla sede in cui si manifesta sulla base sia del racconto del paziente sia dell’esame obiettivo. Potrà, quindi, decidere di approfondire e trattare i casi sintomatici.

 

Quali esami possono essere utili a chiarire e definire il quadro ?

La radiografia può essere utile per rivelare corpi estranei radiopachi a livello dell’anca, così come anomalie dello sviluppo, esiti di pregressi traumi o di patologie degenerative come l’artrosi o l’artrite. L’ecografia, invece, può essere richiesta per rivelare la sofferenza delle parti molli, ovvero la presenza di tendiniti o borsiti. Quest’ultima indagine, se eseguita da mani esperte anche in condizioni dinamiche, può addirittura vedere la struttura che determina lo scatto durante la sua manifestazione. Solo nei casi dubbi o in quelli che richiedono l’approfondimento di quesiti diagnostici particolari potrà essere richiesta anche una risonanza magnetica nucleare.

 

Cosa può prevedere la terapia dell’anca a scatto ?

I casi asintomatici spesso non vengono trattati e possono essere meritevoli di rivalutazione nel tempo sulla base di eventuali modifiche della sintomatologia. Quelli sintomatici sono invece di norma da gestire con trattamento riabilitativo e farmacologico. Il primo deve essere altamente personalizzato, prevede solitamente esercizi mirati di stretching volti ad allungare le strutture molli e ad allentare le strutture determinanti lo scatto e non può prescindere da un lavoro di riequilibrio posturale e tonificazione muscolare mirato. Il secondo prevedere invece tipicamente l’uso di antinfiammatori non steroidei, meglio se assunti per bocca o tramite cerotti a rilascio controllati nel tempo. Ovviamente l’applicazione locale di ghiaccio e la riduzione o la sospensione dell’attività sportiva dovranno essere sempre considerati nella prima fase del trattamento. Infine, in caso di importante infiammazione locale potranno essere prescritte anche alcune terapie fisiche come ultrasuoni, laser o tecar mentre nei quadri resistenti potranno essere considerate 2 o 3 infiltrazioni locali di cortisone.

 

Sono previsti anche interventi chirurgici ?

Fatti solitamente per via artroscopica, devono essere considerati sempre nelle forme intrarticolari per evitare che il corpo estraneo danneggi irreversibilmente l’articolazione dell’anca dando origine ad un’invalidante artrosi secondaria precoce. Raramente vengono considerate negli altri casi e più precisamente solo in quelli non rispondenti alla terapia conservativa dopo qualche mese di trattamento o in quelli in cui la ripresa dell’attività sportiva, seppur graduale e con adeguata preparazione fisica, determina la costante ricomparsa del dolore con limitazione conseguente della performance.